Andrea Caracciolo: l’Airone di Brescia

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Le bandiere, per consuetudine, nel mondo del calcio sono quei giocatori che hanno trascorso tutta la propria carriera con una sola maglia. Quando pensiamo alle bandiere pensiamo a giocatori come Paolo Maldini, Francesco Totti o Beppe Bergomi, solo per citare i più famosi che hanno indossato la maglia dei rispettivi club quasi come fosse una seconda pelle.

Il concetto di bandiera, però, potrebbe essere traslato anche ad un altro tipo di calciatore, che magari ha indossato più di una maglia in carriera ma che solo con una di queste si è sentito rappresentato in tutto e per tutto fino ad arrivare a formare un binomio indissolubile nell’immaginario collettivo.

È questo il caso, ad esempio, di Andrea Caracciolo che nel corso della sua vita calcistica si è legato a diverse squadre ma chiunque sia appassionato di calcio non può che associarlo immediatamente al Brescia.

Brescia è la città dove l’Airone, soprannome che in realtà è un retaggio dell’esperienza perugina, ha spiccato il volo e le Rondinelle sono la squadra in cui l’attaccante ha trascorso la maggior parte della propria carriera, raggiungendo traguardi storici che lo hanno consacrato come uno dei giocatori più rappresentativi di sempre nella storia del club.

Come dicevamo, tuttavia, Andrea Caracciolo non è stato soltanto Brescia, la sua carriera, una volta uscito dalle giovanili, è iniziata a San Colombano al Lambro, città nell’area metropolitana di Milano, dove nella squadra cittadina ha mosso i primi passi da calciatore. Nel corso degli anni lo abbiamo apprezzato come attaccante temibilissimo ma agli esordi Caracciolo nasce difensore centrale, forse per via dell’altezza decisamente sopra la media. È Paolo Sollier, ex giocatore e allora tecnico del Sancolombano, che gli cambia ruolo e lo sposta in attacco, intravedendo un ottimo potenziale sia dal punto di vista tecnico che in termini realizzativi. Mai mossa si rivelerà più azzeccata.

Nel 2000 passa al Como che a sua volta, nel mese di Gennaio, lo gira in prestito alla Pro Vercelli, in Serie C2. Con la Pro l’attaccante scende in campo in 10 occasioni senza mai lasciare il segno.

A fine anno si fanno avanti le Rondinelle del Brescia, all’epoca in Serie A, e a farlo esordire nella massima serie è Carletto Mazzone. È il Brescia di Roberto Baggio, Luca Toni e Pep Guardiola, giocatori dai quali l’Airone, a più riprese, ha sempre detto di aver imparato tantissimo pur non disputando molte partite. Dopo 7 presenze e 2 gol, a fine anno, si accasa a Perugia. È nella città umbra dove formalmente Andrea Caracciolo diventa l’Airone, per via di un titolo di giornale in seguito ad un gol realizzato. Uno dei due, perché anche a Perugia il suo score è abbastanza deludente: 22 presenze e 2 gol segnati.

L’anno della svolta è il successivo, ovvero il 2003, quando l’Airone si accasa nuovamente a Brescia: in due anni realizza 24, reti equamente distribuite tra le due stagioni, ed inizia ad imporsi all’attenzione generale. Ha da poco superato i 20 anni ed è considerato uno dei prospetti più interessanti del calcio italiano, almeno per quel che riguarda l’attacco. Segna con i piedi, di testa, ma è anche un ottimo smistatore di pallone per i compagni, in virtù di una tecnica tutt’altro che disprezzabile.

Proprio questa sua poliedricità fa sì che possa fungere indifferentemente da riferimento offensivo avanzato o da raccordo, in appoggio ad un centravanti classico.

Dopo le due annate positive viene acquistato dal Palermo nell’estate del 2005 ma in Sicilia le cose non vanno benissimo. L’attaccante fa fatica ad esprimere appieno il suo potenziale e nel biennio in rosanero va a segno solo 14 volte, finendo qualche volta anche nel mirino dei tifosi.

Non va meglio, anzi se possibile va addirittura peggio, con la maglia della Sampdoria, dove la concorrenza nel reparto è molto agguerrita e l’Airone si deve accontentare di qualche sporadica apparizione e di un solo gol segnato.

A Gennaio del 2008 sembra tutto fatto per il passaggio dell’attaccante in Scozia, ai Glasgow Rangers, ma ancora una volta si inserisce il Brescia. Le Rondinelle nel frattempo sono scese in Serie B ma poco importa, Caracciolo vuole tornarci e alla fine ha ragione lui.

Quasi ogni calciatore ha una piazza del cuore, quella in cui si trova meglio e dove riesce più o meno tutto. Brescia, però, per Caracciolo è molto di più di una semplice piazza del cuore, è più simile ad una seconda casa, dove oltre a trovarti perfettamente a tuo agio ti senti protetto, coccolato, amato.

L’obiettivo del Brescia è quello di tornare tra i grandi e dopo un paio d’anni di tentativi falliti riesce nel proprio intento al termine dei playoff della stagione 2009-2010. È un’annata straordinaria per il club e probabilmente anche quella più positiva in assoluto per l’Airone Caracciolo, che va in gol in 24 occasioni in stagione regolare e realizza anche il gol decisivo per la Serie A nei playoff contro il Torino, trasformando un tiro dagli 11 metri dal peso specifico incalcolabile.

Anche l’annata successiva, in serie A, è più che positiva e si conclude nuovamente in doppia cifra per quel che riguarda le reti realizzate.

Genoa e Novara sono solo un piccolo interludio che separa il nuovo ed ennesimo abbraccio alle Rondinelle, che nel frattempo sono tornate in serie B . È il 2012 quando inizia la sua quarta ed ultima avventura a Brescia, che dura fino al termine della stagione 2017-2018 ed è caratterizzata dalla solita doppia cifra di gol in ogni annata.

L’Airone diventa un vero e proprio simbolo, della squadra, della quale diventa il miglior marcatore di sempre, e della serie B, di cui risulta il terzo marcatore nella storia del campionato in virtù delle 132 reti realizzate, playoff esclusi. Se si considerano i gol messi a segno con una sola maglia nessuno ha fatto meglio per quel che riguarda la serie cadetta.

Chiudere la carriera a Brescia sarebbe stato romantico e probabilmente la più degna conclusione di una storia d’amore vissuta in diversi momenti, tra molti alti e pochi bassi, sempre al massimo delle proprie possibilità e senza rimpianti.

Invece nel 2018 si consuma un nuovo addio, più doloroso dei precedenti, quando l’attaccante si accasa alla Feralpisalò, in serie C.

Mi è pesato dire addio al Brescia. Salutare la squadra è stato veramente difficile, pensavo di finire la mia carriera lì. Neanche oggi riesco ad accettare questo distacco fino in fondo“.

Il calcio e la vita, si sa, sono così, a volte si prendono strade diverse, che mai si sarebbe pensato di intraprendere e poi ci si ritrova. Altre volte invece ci si lascia e basta ma i ricordi, quelli no, non si possono cancellare dalla memoria e il rapporto che lega l’Airone a Brescia rimarrà per sempre. Nei gol, nelle esultanze a braccia aperte, nei rigori tirati forti e centrali, uno dei suoi marchi di fabbrica indelebili.