Lo studio sul Coronavirus: i centravanti i più esposti al contagio

    Riuscire a portare al termine la stagione, al fine di riuscire in qualche modo a limitare i danni che il Coronavirus lascerà dietro di sé. Mentre in diversi Paesi si è già deciso di chiudere con largo anticipo i campionati, c’è chi, come la Germania, ha deciso di ripartire, e chi, compresa l’Italia, sta ancora cercando il modo per riprendere limitando al minimo i rischi di contagio.

    La speranza è quella di poter tornare in campo in una situazione di sicurezza ma, come riportato dal ‘Corriere della Sera’, qualunque saranno le linee guida decise, ci sarà una categoria di giocatori leggermente più a rischio: quella dei centravanti.

    A svelarlo è stato uno studio condotto dall’Università di Aarhus. Per giungere a tale conclusione, sono stati studiati i movimenti dei giocatori in quattordici partite del massimo campionato danese. I ricercatori hanno simulato la presenza di un giocatore positivo al Coronavirus e quindi hanno analizzato per quanto tempo gli altri giocatori si sono trovati nel raggio di un metro e mezzo da lui. Tale misura viene considerata quella al di sotto della quale il rischio di contagio viene valutato come scientificamente rilevante.

    L’analisi ha chiarito come ci sono delle differenze tra ruolo e ruolo e che in media i centravanti sono più esposti rispetto agli altri giocatori in campo: circa due minuti contro il minuto e mezzo generalmente registrato.

    Tuttavia, come spiegato dall’immunologo dell’Università di Copenaghen, il professor Thomsen, secondo il National Board of Health, è necessario che una persona sia a meno di due metri da una infetta per più di quindici minuti, prima che il contatto possa essere considerato rilevante, il che vuol dire che l’arco temporale emerso dallo studio non dovrebbe essere critico.