Barcellona-Sampdoria: la finale di Coppa dei campioni ’91-’92

    sampdoria
    sampdoria

    La stagione ’90-’91 si conclude con lo storico trionfo della Sampdoria in campionato, il primo nella storia del club, un risultato incredibile e prestigioso che garantisce alla squadra allenata da Vujadin Boskov la partecipazione alla Champions League.

    È un Doria stellare, trascinato da una coppia di attaccanti che ancora oggi, solo a nominarli, fa venire i brividi. Mancini e Vialli, i gemelli del gol. Perfettamente complementari, in grado di rifinire e realizzare con la medesima efficacia.

    L’attacco dei blucerchiati è il vero valore aggiunto di una squadra che comunque si presenta solida e attrezzata anche nel reparto arretrato così come in mezzo al campo. A difendere i pali c’è un signor portiere, Gianluca Pagliuca, mentre la retroguardia è diretta magistralmente dallo Zar, Pietro Vierchowod.

    Attilio Lombardo e Toninho Cerezo sono i due centrocampisti di spicco della squadra e garantiscono qualità e quantità; al resto ci pensano i due là davanti, che in quegli anni sono un vero e proprio rebus irrisolvibile per quasi tutte le retroguardie.

    La stagione ’91-’92 si apre con la vittoria della Sampdoria in Supercoppa Italiana ai danni della Roma grazie ad un gol, manco a dirlo, del Mancio.

    Dopo la vittoria in campionato nell’anno precedente le aspettative sono molto alte ma la squadra, nel torneo nazionale, non sembra avere la stessa tenacia e la stessa convinzione che aveva caratterizzato il percorso trionfale tant’è che alla fine chiuderà al sesto posto.

    Non c’è però solo il campionato perché la Sampdoria, come detto, si è guadagnata la possibilità di disputare la Coppa dei Campioni, destinata all’epoca solo alla squadra vincitrice del proprio campionato.

    Quella del ’91-’92 è anche l’ultima coppa dalle grandi orecchie denominata Coppa dei Campioni in quanto, dall’anno successivo, il trofeo prenderà il nome di Champions League.

    Anche il formato di questa edizione della Coppa Campioni è diverso dai precedenti: in quanto si parte con sfide ad eliminazione diretta, andata e ritorno, per arrivare ad una fase a gironi che sostituisce i quarti di semifinale e le semifinali.

    Le rispettive vincitrici dei due gironi si sarebbero poi battute nella finale, che in quell’anno è prevista a Londra, nel mitico stadio di Wembley.

    Il Barcellona allenato da Cruyff ha la meglio, nei primi due turni ad eliminazione diretta, su altrettante squadre tedesche, l’Hansa Rostock ed il Kaiserslautern, quest’ultimo sconfitto solo grazie alla regola dei gol in trasferta.

    Nella fase a gironi il Barça conclude al primo posto, lasciandosi alle spalle lo Sparta Praga, il Benfica e la Dinamo Kiev, accedendo così alla finalissima.

    Il cammino della Samp, da esordiente nella competizione, comincia contro il Rosemborg, sconfitto sia all’andata che al ritorno, e prosegue con il successo più difficoltoso sull’Honved, che all’andata si era imposto per 2-1 salvo poi subire la rimonta nella sfida di ritorno a Marassi, dove la squadra di Boskov si impone per 3-1 in virtù del gol realizzato da Attilio Lombardo e della doppietta siglata da Gianluca Vialli.

    Il girone della Samp è ostico perché comprende la Stella Rossa, squadra detentrice del trofeo, i belgi dell’Anderlecht ed i greci del Panathinaikos. Nelle 6 sfide i blucerchiati raccolgono 8 punti, frutto di tre vittorie (sì, qua ancora la vittoria valeva 2 punti), due pareggi e una sconfitta mentre la Stella Rossa si ferma a quota 6.

    Gianluca Vialli, con 6 reti all’attivo, è il miglior cannoniere dei blucerchiati e solo Papin dell’Olympique Marsiglia e Sergej Yuran, attaccante russo del Benfica, riusciranno a fare meglio nell’intera competizione, arrivando entrambi a 7 gol realizzati.

    La partita contro il Barcellona si prospetta difficilissima, Wembley è gremito con più di 70.000 spettatori.

    La Sampdoria si presenta in campo con un classico 4-4-2: a difendere i pali c’è Gianluca Pagliuca, la retroguardia è composta da Katanec, Lanna, Vierchowod e Mannini, a centrocampo troviamo Bonetti, Cerezo, Pari e Lombardo mentre il peso dell’attacco è sulle spalle della magica coppia gol Mancini-Vialli.

    I blaugrana rispondono con Zubizarreta tra i pali, Ferrer, Koeman e Nando in difesa, Pep Guardiola regista arretrato, Eusebio, Baker, Laudrup e Juan Carlos a centrocampo, Salinas e Stoichkov formano il tandem d’attacco.

    Nonostante gli attacchi stellari la partita non si sblocca, il Barcellona gioca meglio ma anche la Sampdoria ha ottime occasioni per sbloccare il risultato. Da una parte Pagliuca e dall’altra Zubizarreta si ergono a protagonisti della sfida, agevolati anche dalla scarsa vena degli attaccanti.

    In particolare Gianluca Vialli fallisce alcune occasioni che di norma non sbaglierebbe ad occhi chiusi e, a distanza di anni, ancora ricorda quella sfida con un pizzico di rimpianto e la consueta ironia.

    “Le mie scarpe dovrebbero stare nel museo del Barcellona, per le occasioni che ho fallito”, ha dichiarato qualche anno fa, sottolineando comunque con grande onestà come il successo del Barcellona sia stato alla fine meritato.

    Sì perché la sfida, che si conclude sullo 0-0 nei tempi regolamentari, vede il proprio epilogo nel secondo tempo supplementare, quando ormai la partita sembrerebbe indirizzata ai calci di rigore.

    Un contrasto tra Invernizzi ed Eusebio, molto concitato, viene sanzionato dal direttore di gara tedesco Schmidhuber che assegna un calcio di punizione da ottima posizione per i catalani. Non è vicinissimo alla porta ma quando hai uno come Rambo Koeman è come se lo fosse.

    Già dalla rincorsa si capisce che per Pagliuca, qualora il tiro dovesse essere indirizzato nello specchio della porta, saranno dolori. La palla viene toccata e stoppata sul posto, Koeman la impatta di collo, col suo destro poderoso, e la spedisce all’angolino, oltre alle braccia protese di Gianluca Pagliuca che non può fare altro che guardare il pallone in fondo alla rete.

    È l’epilogo della competizione, la prima volta del Barcellona sul tetto d’Europa.

    L’arbitraggio del direttore di gara tedesco, che già era stato criticato nella sfida contro l’Anderlecht, non convince i blucerchiati, in particolare la decisione di concedere la punizione per l’intervento di Invernizzi farà parecchio discutere nell’immediato post-partita e nei giorni a seguire.

    Uno dei più delusi è Roberto Mancini che a distanza di anni, ricordando quella sera, non riesce a celare la delusione cocente: “È stata la serata più brutta della mia vita alla Samp. Il giorno dopo poi è ancora peggio, ti rendi conto, con chiarezza, dell’occasione buttata. Volevo vincerla quella Coppa. È sempre stata uno dei miei chiodi fissi, invece l’ho solo sfiorata”.

    Alzare al cielo quel trofeo, per un club come la Sampdoria, sarebbe stato qualcosa di unico ed indimenticabile, specialmente dopo aver vinto lo scudetto nell’anno precedente. Purtroppo, però, nel calcio come nella vita il finale lieto e romantico non è sempre previsto dallo spartito ed i sogni sono spesso destinati ad infrangersi sul più bello. Come in quella notte di Wembley di 28 anni fa.