Porto-Monaco: la finale di Champions League 2003-2004

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    La Champions League è una competizione che, per sua natura, si presta più di altre a colpi di scena in quanto oltre al valore della rosa conta enormemente lo stato di forma, specialmente quando si arriva alla fase ad eliminazione diretta.

    Non è infrequente vedere arrivare molto avanti nella competizione squadre che all’inizio del torneo erano poco quotate per aggiudicarsi la vittoria finale, lo abbiamo visto in epoca recente e successe così anche nell’ormai lontano 2003-2004, quando a giocarsi la vittoria finale furono il Porto ed il Monaco, due buonissime squadre ma non certo tra le favorite alla vigilia.

    Il Porto era all’epoca allenato da José Mourinho, non ancora Special One ma già in grado di trionfare nell’annata precedente in Europa League; dall’altra parte il Monaco di Didier Deschamps, alla sua prima finale di Champions della storia.

    I ragazzi di Mourinho dopo aver superato la fase a gironi al secondo posto, dietro al Real Madrid, hanno incontrato subito un ostacolo importante, ovvero il Manchester United campione uscente.

    La doppia sfida è equilibratissima e si decide solo all’ultimo minuto della gara di ritorno, quando Costinha gela l’Old Trafford e permette ai suoi di avanzare nella competizione.

    I turni successivi sono abbastanza favorevoli per il Porto che pesca prima il Lione e successivamente, in semifinale, il Deportivo. I lusitani si sbarazzano di entrambi gli avversari e staccano il tagliando per la finale di Gelsenkirchen.

    Il Monaco, dal canto suo, approda in finale dopo aver vinto il proprio girone con Deportivo, Psv e Aek, e dopo aver eliminato in successione Lokomotiv Mosca, Real Madrid e Chelsea. Sospinta dai gol di Morientes la squadra di Deschamps riesce ad aver la meglio su avversari molto più quotati, specialmente Real e Chelsea, al termine di partite spettacolari ed emozionanti.

    Difficile, alla vigilia, fare un pronostico perché entrambe le squadre hanno motivi più che validi per pensare di poter sollevare l’ambito trofeo: il Porto è certamente una squadra molto solida, a cui Mourinho ha dato un equilibrio eccezionale e soprattutto in mezzo al campo dispone di alcuni giocatori molto tecnici, Deco e Maniche su tutti, in grado di rompere gli equilibri in qualsiasi istante. Il Monaco, oltre che sul già citato Fernando Morientes, capocannoniere della competizione, può fare affidamento sulle giocate imprevedibili di Ludovic Giuly e sulla forza fisica del suo esterno basso di sinistra, Patrice Evra.

    Questi i punti di forza delle due squadre, che al fischio di inizio del direttore di gara danese Kim Milton Nielsen si schierano in campo con i consueti moduli tattici.

    Per il tecnico di Setubal non si deroga dal 4-3-1-2 con Vitor Baia in porta, la difesa composta, da destra a sinistra, da Paulo Ferreira, Jorge Costa, Ricardo Carvalho e Nuno Valente, il trio di centrocampo formato da Maniche, Costinha e Pedro Mendes, con Deco ad ispirare il tandem brasiliano d’attacco composto da Derlei e Carlos Alberto.

    Didier Deschamps risponde con il suo 4-3-3: a difendere i pali c’è l’estremo difensore italiano Flavio Roma, in difesa Evra, Givet, Rodriguez, Ibarra, in mezzo al campo Cissé, Zykos e Bernardi, davanti il tridente composto da Morientes, Giuly e Rothen.

    La partita ha un ritmo piuttosto compassato e come avrà modo di ricordare Mourinho qualche anno più tardi non sembra nemmeno una finale di Champions. Non è particolarmente spettacolare e l’equilibrio iniziale si incrina al minuto 23, quando Deschamps perde a causa di un infortunio Ludovic Giuly, uno di quelli in grado di fare la differenza.

    Al suo posto entra Dado Prso, attaccante croato con caratteristiche estremamente diverse dal folletto francese.

    Il Porto gioca la sua solita partita molto accorta difensivamente, con perfetta copertura di ogni spazio sul terreno di gioco, in attesa che qualcuno in mezzo al campo o davanti inventi la giocata buona, cosa che in effetti accade a 5 minuti dalla fine del primo tempo.

    È l’attaccante brasiliano Carlos Alberto a scaricare il destro vincente alle spalle di Roma, dopo aver approfittato di una corta respinta di un difensore avversario.

    La partita va al riposo ed il secondo tempo si incanala esattamente nei binari voluti da José Mourinho. Il Monaco è costretto ad attaccare e lo fa in maniera abbastanza confusionaria, senza rendersi particolarmente pericoloso ma sguarnendo ampi spazi che risulteranno fatali, come al minuto 71.

    A dare il via alla ripartenza è Deco che allarga sulla sinistra per Alenichev, subentrato al minuto 60 al posto di Carlos Alberto, il quale gli restituisce il pallone in area solo da spingere dentro. Un gioco da ragazzi per uno come lui, che infatti non sbaglia e fa 2-0.

    Passano 5 minuti ed è lo stesso Alenichev a fissare il risultato sul definitivo 3-0, sfruttando le infinite praterie concesse dagli avversari alla ricerca disperata di un gol per riaprire la partita. Il suo collo destro scaricato violentemente alle spalle del portiere è il punto esclamativo su un’impresa storica, la seconda Champions League nella storia del Porto e la prima conquistata da José Mourinho, degno coronamento di 3 anni di successi.

    Certamente la finale di Champions League 2003-2004 non è passata alla storia come la più spettacolare, né tantomeno come quella più emozionante, almeno da spettatori neutrali.

    È innegabile però che il successo del Porto abbia avuto una portata storica e sia stato il primo grande gradino scalato da José Mourinho, che con questa impresa si è ufficialmente consacrato come uno dei tecnici migliori d’Europa.

    “Sapevamo che non poteva andare male. Abbiamo vinto con calma. Ho sempre detto che non ho esultato molto perché non mi sembrava una finale di Champions League, ma una partita molto calma e controllata. Dopo il triplice fischio dell’arbitro Kim Nielsen non mi sentivo campione d’Europa: l’ho capito solo molto tempo dopo.” – José Mourinho