Francesco Acerbi, il muro biancoceleste

    Francesco Acerbi, il muro biancoceleste

    Quest’anno la lotta per lo scudetto è più avvincente che mai ed il merito è anche di una squadra che ad inizio anno in pochissimi davano tra le favorite.

    Accanto a Juventus e Inter c’è infatti la Lazio, che ormai non si può più considerare una sorpresa bensì una vera e propria contender, come dimostra inequivocabilmente la classifica.

    Non è però solo una questione di punti realizzati, c’è molto di più: i ragazzi allenati da Simone Inzaghi stanno mettendo in mostra un gioco a tratti spettacolare, delle prime tre è sicuramente quella che sta esprimendo il miglior calcio, consolidato nel corso delle precedenti stagioni e arrivato probabilmente al suo massimo compimento.

    Il merito principale, come sempre, è da ascrivere agli interpreti e la Lazio può contare su un centrocampo formidabile, assortito in maniera equilibrata e dal grado tecnico elevato, e su un attaccante che sta segnando gol a raffica, come mai prima d’ora gli era accaduto.

    La prime cose che saltano all’occhio osservando i biancocelesti giocare sono le intuizioni di Luis Alberto e Correa, la fisicità abbinata alla tecnica di Sergej Milinkovic-Savic, la straordinaria efficacia sotto porta di Ciro Immobile, tutte qualità talmente evidenti che non bisogna essere nemmeno grossi esperti di pallone per poterle apprezzare.

    Tutti però sanno che in Italia c’è un dogma dal quale difficilmente si può sfuggire: per vincere, o per provare a farlo, è necessario avere una difesa che subisca pochi gol. Il motto che “per vincere basta segnare gol più dell’avversario” è sempre vero, ma nel nostro campionato viene sempre dopo rispetto al “prima non prenderle”.  In questo senso soprattutto la Lazio può essere considerata una pretendente più che credibile al titolo, in quanto al secondo migliore attacco abbina anche la miglior difesa.

    Francesco Acerbi, il muro biancoceleste

    Se del reparto offensivo in parte abbiamo già detto, ci sembra invece doveroso soffermarci sul reparto arretrato, che mai come quest’anno sembra avere un solo padrone: Francesco Acerbi. Il difensore centrale della Lazio si sta esprimendo su livelli altissimi, è il leader indiscusso della retroguardia biancoceleste, per carisma e temperamento, e a 32 anni sembra aver raggiunto il picco della sua maturazione calcistica.

    Ad una abilità in marcatura tipica dei difensori vecchio stampo, quella specie ormai in via d’estinzione, Acerbi abbina anche una buona propensione in fase di disimpegno e costruzione della manovra, ormai caratteristica imprescindibile per ogni interprete del ruolo, per lo meno in una squadra che ambisca a grandi traguardi.

    La leadership, anch’essa affinata negli anni, è emanazione naturale del carattere guerriero e indomito che da sempre lo contraddistingue. In campo Acerbi non si risparmia mai, conscio dei sacrifici, delle difficoltà e degli ostacoli attraversati per arrivare ad essere dov’è ora, ovvero il punto di riferimento di un reparto di una squadra che sogna in grande.

    La sua carriera inizia nelle serie minori, a Pavia, e il suo percorso di crescita non si può certo considerare quello di un predestinato: diversi prestiti (Renate, Triestina e Spezia),  poi una stagione alla Reggina e un’altra al Chievo, prima dell’approdo in una big, il Milan, nella stagione 2012-2013. Anzi, ad un certo punto, dopo il passaggio fugace al Milan, Acerbi sembra dover diventare uno di quei calciatori solidi ma non da grandissima squadra.

    In questo senso il suo trasferimento nel 2013 al Sassuolo, squadra ambiziosa e con poche pressioni, sembra confermare questa teoria. In realtà, invece, è la chiave di volta di tutto. L’avventura in neroverde si apre con una notizia tremenda, quando in seguito alle visite mediche effettuate gli viene diagnosticato un tumore al testicolo. Operato d’urgenza Acerbi scende in campo già a Settembre ma presto è costretto a fermarsi nuovamente, quando il tumore recidiva. Non si abbatte, si sottopone alle nuove cure e all’inizio della stagione successiva è di nuovo in campo, più forte e determinato che mai. Negli anni seguenti le sue prestazioni crescono costantemente, diventa un vero e proprio pilastro della retroguardia, un punto fermo, una certezza.

    Nel 2018, quando viene firmato dalla Lazio, Acerbi è uno dei migliori difensori del nostro campionato per rendimento, anche se il suo nome non è molto mediatico ed il trasferimento passa un po’ in sordina. Dopo aver superato i gravi problemi di salute non salta praticamente alcuna partita, tanto da arrivare a disputare 149 gare consecutive, dietro solo a Javier Zanetti, issato in solitaria a quota 162.

    Dopo una prima stagione di ambientamento con alti e bassi, quella dell’anno passato, comune del resto a tutta la squadra, Acerbi prende le redini della retroguardia biancoceleste e non le molla più, determinato a condurla sino in fondo.

    Quello che ammiriamo oggi è senza ombra di dubbio un top del ruolo, con concrete possibilità di guidare da protagonista la retroguardia azzurra negli Europei di questa estate. Mancini, come giusto che sia, ha già dimostrato di tenerlo in grandissima considerazione ed il primo gol con la maglia dell’Italia non è tardato ad arrivare, perché oltre che invalicabile nella propria area di rigore Acerbi è da temere anche in quella avversaria, sempre pericoloso sugli sviluppi da calcio piazzato.

    Quando guardate la Lazio giocare, oltre che concentrarvi sulle giocate d’alta scuola delle stelle designate della squadra, provate a concentrarvi anche sulla fase difensiva, resa possibile dal lavoro enorme del collettivo ma impreziosita da un interprete formidabile del ruolo, un muro da cui passeranno buona parte delle fortune biancocelesti.