Diego Milito, il principe de Bernal… dal sangue calabrese

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    Terranova da Sibari, paese di 5000 abitanti della provincia di Cosenza, Calabria, Italia.

    Bernal, città di 130.000 abitanti del partido di Quilmes, provincia di Buenos Aires, Argentina.

    Due posti distanti quasi dodici mila chilometri, ma uniti dalle radici di una famiglia italo-argentina, la famiglia Milito.

    Perché è proprio dal piccolo paesino immerso nel cuore della sibaritide di magnogreca memoria che Salvatore Milito e la moglie Caterina Borrelli partirono per l’Argentina dopo la seconda guerra mondiale in cerca di fortuna. Si trasferirono a Bernal, dove misero su famiglia. Dal loro matrimonio nacque Jorge, che a sua volta regalò ai due ben tre nipotini: Natalia, Gabriel e Diego.

    Diego e Gabi, due destini paralleli e la storia delle loro carriere curiose. Entrambi sono diventati calciatori, uno attaccante l’altro difensore, ma iniziando in due club di Avellaneda rivali: nel Racing Club Diego, nell’Independiente Gabriel. Poi insieme al Real Saragozza, prima di divedersi tra Italia (Genoa e Inter) il primo e Barcellona il secondo.

    Due carriere importanti, anche se è la storia della carriera di Diego ad essere sicuramente la più emozionante e travolgente (seppur Gabi abbia vinto due Champions League con in blaugrana), una continua evoluzione, fino ad arrivare a toccare il paradiso nerazzurro.

    Diego Milito, che tutti chiamano El principe per via della somiglianza con l’uruguagio Enzo Francescoli (a ragion veduta direi), inizia ne La academia del Racing Club de Avellaneda ed è sempre lì che fa il suo esordio appena ventenne nella Primera Division: vi rimane cinque stagioni, vince l’Apertura 2001, ma più che per i gol (saranno 34 in cinque stagioni) si fa notare per la sua capacità di saper giocare con la squadra e per la sua eleganza. È ancora una seconda punta, diventerà attaccante vero in nazionale, grazie a Marcelo Bielsa.

    «Ho imparato tanto da lui in quell’anno in nazionale. Io all’epoca ero una seconda punta, lui mi ha fatto diventare una prima punta, ma soprattutto mi ha fatto capire l’importanza del gol.»

    Il Genoa, allora in serie B, si accorge di lui prima di tutti e nel mercato di gennaio del 2004 lo porta in Italia, terra da sempre nei pensieri di Diego, come racconterà anni dopo quando il paesino calabrese di origine dei nonni gli conferirà la cittadinanza onoraria.

    « Se sono qui è perché volevo conoscere questa terra. I miei nonni mi hanno sempre raccontato di una magnifica ed indimenticabile terra. Essere cittadino onorario di Terranova mi riempie d’orgoglio e mi onora. Non dimenticherò mai questa giornata trascorsa insieme. Voglio salutare due persone che non ci sono più: ciao nonno Salvatore, ciao nonna Caterina…».

    Al primo anno italiano saranno subito dodici gol in venti partite, a dimostrazione che forse, la seconda serie italiana, gli va abbastanza stretta. La stagione seguente è quella dove Diego Milito segna 21 gol e incanta Marassi con la sua classe e le sue giocate decisive, trascinando così il Genoa di Serse Cosmi ad una promozione sul campo senza patemi. Patemi che però il Grifone rossoblu avrà durante l’estate: il presidente Preziosi viene ritenuto il responsabile di una combine proprio durante una gara di campionato, Genoa – Venezia 3-2 e la giustizia sportiva condanna il club ligure ad una amara retrocessione in serie c1.

    A volte, dal paradiso all’inferno, il passo è davvero breve.

    Diego, che non vedeva l’ora di esordire in serie A, non la prende bene, ma non ha altra scelta che fare le valigie: uno come lui con la C non c’entra niente.

    Nella stagione 2005-06 passa quindi al Real Saragozza dove c’è già il fratello Gabriel ad aspettarlo e dove in tre anni realizza la bellezza di 53 gol ne La Liga spagnola. Alla sua prima stagione segna 15 gol in campionato e 6 in Copa del Rey, tra cui un poker pazzesco nell’umiliante semifinale d’andata vinta 6-1 contro il Real Madrid di Casillas, Roberto Carlos, Sergio Ramos, Guti, Beckham e Ronaldo il fenomeno solo per citarne alcuni, che spedì i Los Blanquillos zaragozanos in finale (persa poi contro l’Espanyol).

    Alla sua seconda stagione con 23 gol arriva secondo nella classifica marcatori dietro solo a Ruud Van Nisterlooy e conduce la squadra ad un ottimo sesto posto che vale la qualificazione alla Coppa Uefa. Ma la terza purtroppo è una stagione maledetta, che si chiude con una triste quanto sorprendente retrocessione nonostante giocatori in rosa del calibro di Milito, Aimar, Ayala, D’Alessandro, Luccin, Zapater, tutti buoni giocatori in quel periodo.

    Diego Milito è così costretto a rifare le valigie e il club che si fa avanti in maniera più decisa è il Tottenham, che mette sul piatto una bella offerta e un ottimo contratto per l’argentino.

    Ma nel frattempo il suo Genoa è tornato in serie A e una “vocina” nella sua testa gli dice che è il momento giusto di concludere il percorso iniziato qualche anno prima.

    Il suo secondo trasferimento nel capoluogo ligure passa alla storia per il “lancio del contratto” all’ultimo minuto di un dirigente genoano, vista la trattativa estenuante per la dura opposizione del Saragozza, che avrebbe preferito l’offerta più vantaggiosa degli inglesi.

    Ma alla fine è la volontà del Principe a fare la differenza, e quel romantico ritorno arrivato praticamente sul gong, gli cambierà la sua vita calcistica.

    Sarà una stagione memorabile per Diego e il Genoa che, allenato da Gasperini, raggiunge il quinto posto e la conseguente qualificazione all’Europa League (in realtà arriverà quarta a pari punti con la Fiorentina, che si aggiudica la posizione migliore per via degli scontri diretti).

    L’attaccante in quel campionato è devastante, segna in tutti i modi, ma soprattutto delizia pubblico e addetti ai lavori con le sue movenze, la sua fame e le sue  famose “sterzate”.

    “Sterzata” che nemmeno dodici mesi dopo, in un mondo completamente nuovo per lui che sembrava utopico al solo pensiero, servirà a regalare l’emozione più bella ai tifosi dell’Inter, e a raggiungere l’apice della sua carriera.

    Sì, perché nell’estate 2009 è passato all’Inter di José Mourinho e in un solo anno ha vinto campionato, coppa Italia e quella Champions League che in casa nerazzurra mancava da quaranticinque anni.

    I suoi gol saranno 30 in totale tra campionato e coppe, tra cui la famosa “sterzata” all’olandese Van Buyten nella favolosa doppietta al Bayern Monaco in quella memorabile notte di Madrid.

    Notte dove da Principe de Bernal, divenne un meraviglioso re.