George Weah: this time for Africa

    George Weah: this time for Africa

    «Siamo venuti fin qua/ Siam venuti fin qua/ per vedere segnare Weah». Il coro era sempre lo stesso, San Siro amava il suo re leone venuto dall’Africa.

    Ma la sua è una storia che parte dalla lontana e povera Liberia. L’infanzia nella baraccopoli di Clara Town con la nonna, che lo crescerà insieme ai suoi dodici fratelli, i primi sogni da inseguire in Camerun, poi l’Europa, Francia per l’esattezza. Il Monaco, il PSG, fino ad arrivare al Milan, la sua consacrazione.

    Acquistato da Silvio Berlusconi per rimpiazzare il posto lasciato libero dal precoce addio di Marco Van Basten, George Tawlon Manneh Oppong Ousman Weah, noto al mondo semplicemente come George Weah, farà subito innamorare i tifosi rossoneri.

    George Weah: this time for Africa

    E quel gol «coast to coast» con la maglia rossonera…

    Era l’ 8 settembre 1996 quando Giorgione si rese protagonista di quel capolavoro: una cavalcata impressionante palla al piede, un mix di resistenza, tecnica, velocità, coraggio. Il tutto in 14 secondi. 14 miseri secondi per percorrere il manto del Meazza da area ad area, saltare mezzo Hellas Verona e segnare.

    Una rete destinata a rimanere nella storia del diavolo e di tutto il calcio.

    Un anno prima l’alloro più importante della sua carriera calcistica, quello che lo ha fatto diventare il primo e tuttora unico africano oltre che il primo non europeo a vincerlo: la vittoria del pallone d’oro.

    Era il dicembre 1995: l’anno precedente portò il PSG ad una storica semifinale di Champions League con 7 reti in 11 incontri (sarà capocannoniere del torneo), superando corazzate come Bayern Monaco e Barcellona, e fermandosi solo davanti alla sua futura squadra, il Milan, alla sua terza finale consecutiva (persa poi contro l’Ajax).

    Al termine di quella stagione vincerà subito il suo primo scudetto italiano.

    Da lì passeranno altre tre stagioni prima di riuscire a vincerne un altro. E’ la stagione con mister Alberto Zaccheroni e il suo 3-4-3 ultra offensivo. L’attaccante liberiano sarà uno dei protagonisti di quello scudetto imprevedibile e, per lunghi tratti della stagione, inaspettato.

    Ma la stagione seguente George ha ormai 34 anni, gli stimoli cominciano ad affievolirsi e le strade con il Milan, dopo quattro stagioni e mezzo e 58 gol,  si separano malinconicamente.

    Chelsea, Manchester City, Marsiglia, infine una piccola parentesi negli Emirati Arabi Uniti,  al Al-Jazira. Poi il ritiro.

    George Weah è uno sportivo realizzato, ha vinto tanto e guadagnato tanto, potrebbe godersi il resto della vita a pancia all’aria come molti suoi colleghi.

    Ma lui non è uno qualunque, lui è un uomo generoso e coraggioso, un uomo di forti ideali, un vero uomo, un uomo speciale. Lo ha dimostrato scegliendo come nazionale la sua Liberia, aiutandola e finanziandola in tutto, e non la forte Francia, che in quegli anni vincerà la Coppa del mondo 1998.

    Così, dopo aver smesso con il calcio, la sua diventa una vera e propria missione: guidare il suo paese.

    E dopo essersi candidato diverse volte, finalmente nel 2018 George Weah viene eletto presidente di stato.

    La Liberia, che conta quasi 5 milioni di abitanti, è uno degli stati più poveri dell’Africa occidentale, ha vissuto negli anni guerre civili interne massacranti (come quella tra l’esercito e i ribelli del Lurd – Liberiani Uniti per la Riconciliazione e la Democrazia del 2003) ed epidemie devastanti (come l’Ebola nel 2011), ma tutto questo non spaventa re George: come detto, la sua è una vera e propria missione.

    E allora Good luck mister George!