Ronaldinho: Toda joia, toda beleza

    Ronaldinho: Toda joia, toda beleza

    È stato a metà anni 2000 il padrone del calcio mondiale.

    Ma oltre alle sue straordinarie qualità tecniche, a spiccare in lui era la sua allegria nel giocare a calcio, quella sua gioia contagiosa che ti metteva di buon umore solo a guardarlo.


    Poi ovviamente a rimanere impresso nella mente degli appassionati di calcio sono soprattutto le sue meravigliose giocate e i suoi memorabili gol.

    Dal primo segnato al Camp Nou, alla rovesciata al Villareal. Dall’impensabile gol di “puntina” a Stamford Bridge contro il Chelsea, al gol da quasi centrocampo contro l’Inghilterra al Mondiale 2002.

    Nel mezzo tantissimi altri gol da cineteca e un’infinità di “pasi doble”, “elastici” da panico, stop illegali e dribbling ubriacanti.


    Il suo palmarès parla chiaro e, se non fosse per il suo declino psico-fisico già alla soglia dei trent’anni, sarebbe anche molto più ricco di trofei.


    Una Coppa del Mondo, una Copa America, una Champions League, due campionati spagnoli, due supercoppe spagnole, una Copa Libertadores, un Pallone d’oro e milioni di “fedeli”, anche e soprattutto tra suoi compagni di squadra. 


    Il suo compagno ai tempi del Barça Carles Puyol, ‘leyenda’ e eterno capitano blaugrana, non ha mai nascosto l’immensa ammirazione nei confronti del brasiliano: “Dinho qui è il re!”. In un trofeo Gamper tra Barcellona e Milan, con un Ronaldinho che ormai vestiva la maglia rossonera, lo ha omaggiato portandolo con sé a fare la foto di squadra di rito pre gara, emozionando il pubblico e lo stesso Gaucho.


    Lo stesso Leo Messi racconta degli esordi in maglia azulgrana e della fortuna di aver avuto come maestro un fenomeno come Ronaldinho , che lo coccolava e lo esaltava spesso e volentieri, indicandolo come suo erede designato.

    Kevin Prince Boateng, suo compagno ai tempi del Milan, lo descrive come una divinità scesa dal cielo. “E’ il più forte giocatore che ho mai visto. Anche se quando arrivò al Milan non aveva tanta voglia e non era più il Ronaldinho di una volta. Ma quel giorno al mese che aveva voglia faceva vedere a tutti che era il miglior giocatore del mondo. Se non si era divertito la sera prima e aveva dormito diceva: oggi faccio tunnel a tot giocatori facendo nome e cognome. E li faceva. Voleva colpire tre volte la traversa. E lo faceva. Qualche volta dopo allenamento ci siamo seduti sul prato e lui faceva numeri col pallone per dieci minuti. Ci chiedevamo come fosse possibile che ci fosse così tanto talento in un corpo di un metro e ottanta. Era incredibile”.

    Su Internet si trovano dei video in cui gioca a calcetto, avrà 10 o 12 anni massimo: la sua superiorità nei confronti degli altri ragazzini è davvero imbarazzante. Più che venire saltati, gli avversari non arrivano nemmeno a contrastarlo.

    Di un altro passo, di un’altra tecnica, di un altro pianeta.

    Dopo essersi inizialmente dilettato nel Futsal e nel Beach Soccer, come la maggior parte di chi nasce e cresce in Brasile, la sua storia calcistica professionista inizia nel Gremìo, che si accorge di lui in un torneo della scuola dove il piccolo Dinho, appena tredicenne, in una partita della scuola segnerà 23 reti: la sua squadra vincerà 23 a 0!

    Quando si dice “vincere le partite da solo”

    Ronaldinho: Toda joia, toda beleza

    Il club di Porto Alegre gli fa firmare a diciassette anni il primo contratto della carriera.

    E’ il 1997, anno in cui Ronaldinho vince con la selezione brasiliana giovanile il Mondiale U-17 in Egitto. Il nome sulla maglia era ancora Ronaldo e inizialmente la stella verdeoro non era lui ma tale Fabio Pinto, attaccante passato in Europa da meteora nell’ Oviedo e nel Galatasaray e che ha chiuso la carriera in Uzbekistan. Pensate un po’… Altra curiosità: l’unico altro ragazzo di quella selezione che ha fatto una carriera discreta è l’ex Lazio, Napoli e Shaktar Francelino Matuzalem.

    In quel torneo giovanile il giovane Dinho si prenderà le luci della ribalta, trascinando i Verdeoro al successo finale.


    Quella vittoria farà da trampolino al suo approdo in prima squadra: a diciotto anni innova il contratto, a diciannove è già l’idolo dei “Tricolor dos Pampas”, che trascinerà a suon di gol (ben quindici in diciotto apparizioni) e giocate favolose, alla vittoria del campionato Gaúcho e della Copa Sul- Minas.

    Tutta Europa è già praticamente sulle sue tracce.

    E dopo un’amichevole con la Lettonia, Dinho fa il suo esordio in un match con in palio i tre punti ad appena diciannove anni, nella Copa America 1999 svoltosi in Paraguay, nella prima gara contro il Venezuela.

    Entra al posto di Alex nella ripresa, sulle spalle niente codino, niente 10: semplice capello corto e numero 21. Pochi minuti e Cafù, imbeccato sulla destra da un lancio dalle retrovie, gli porge il pallone al limite dell’area. Stop di coscia, sombrero sull’avversario, scatto bruciante, palla portata avanti di tacco ad eludere un altro difensore venezuelano e staffilata a sorprendere il portiere. Un gol impressionante! Il telecronista è completamente impazzito.

    Queeee belezaaaa di gool doo Brazil, de Ronaldinhoooooo…”

    È il super Brasile di Rivaldo, Ronaldo, Roberto Carlos, che vincerà quella Copa America poi a mani basse.

    Tutti i compagni, sia quelli in campo che quelli fuori a scaldarsi, corrono colmi di felicità ad abbracciarlo, contenti quasi come avessero segnato loro. Lo riempiono di pacche, buffetti affettuosi, abbracci, sorrisi. Lo amano già tutti.

    Il giorno dopo TV Globo manda il gol come spot pubblicitario.

    Tutto il paese non fa che parlare di quel ragazzo dai denti sporgenti e l’allegria contagiosa.

    Dal Paraguay, in Brasile, nel mondo, ormai il messaggio era chiaro:

    Era ufficialmente nata una stella.

    La stella di Ronaldinho Gaucho.