Il mito di Lev Yashin

    Il mito di Lev Yashin

    La prima edizione dei campionati Europei di calcio si disputarono nel 1960. La vinse l’URSS, battendo in finale, 2-1 ai supplementari, la grande Jugoslavia dei grandi Kostic e Galic, che aveva battuto a sua volta la grande favorita, la Francia padrone di casa comunque priva del suo giocatore migliore, quel Raymond kopa Pallone d’oro 1958 e miglior giocatore del mondiale dello stesso anno.

    Ma su tutti, in questa prima storica edizione, spiccò un altro calciatore. Un giocatore sovietico, o meglio, un portiere.

    Ma non uno qualunque. Uno dei più importanti della storia del calcio, l’unico “numero uno” ad oggi, a essersi portato a casa il Pallone D’Oro (quello del 1963): Lev Yashin.

    Cresciuto in una famiglia povera nella Mosca della seconda guerra mondiale, iniziò a lavorare in una fabbrica ad appena dodici anni: e si dice che già da lì cominciò a dilettarsi nel parare bulloni tirati dai suoi colleghi e che non se ne facesse scappare nemmeno uno.

    Inizia a giocare a calcio per puro caso, nella Dinamo Mosca: la squadra non avendo più portieri fu costretta a chiamare il portiere della squadra di hockey facente parte della stessa polisportiva: Yashin appunto. La cosa più strana è che in quel momento Yashin ha già 23 anni e nessuna esperienza nel calcio. Zero.

    Ma sarà l’inizio della leggenda: da lì a fine carriera, non né uscirà più.

    Il mito di Lev Yashin

    Per diciannove lunghi anni sarà portiere e bandiera della Dinamo Mosca e della Nazionale sovietica, battendo record su record, facendo parlare di sé in tutto il mondo per la sua forte personalità in campo (nonostante la timidezza mostrata nella vita di tutti i giorni) e per le sue incredibili parate. Soprattutto per quelle compiute nei tiri dagli undici metri…

    Il sito della FIFA in un articolo parla di addirittura 150 rigori parati in carriera, anche se altre fonti riportano la statistica di 86 penalty respinti. In entrambi i casi, rimane sempre il portiere che ne ha parati di più nella storia del calcio, per distacco.

    Un altro dato pazzesco, è che in tutta la sua carriera, il portierone russo ha collezionato 400 presenze tra Dinamo Mosca ed URSS, lasciando la sua porta inviolata in ben 207 occasioni.

    Ma Lev era anche dotato di carisma eccezionale, è stato tra i primi a guidare la linea difensiva della propria squadra e ad agire da libero aggiunto, cambiando per sempre il ruolo di portiere.

    Nell’ “epopea Yashin”, l’Unione Sovietica ha vinto l’Olimpiade del 1956, disputato a Melbourne, e l’Europeo 1960, arrivando quarto al mondiale inglese del 1966, che ad oggi è ancora il miglior piazzamento della storia sovietica.

    Dopo il suo addio, la Russia non vincerà più nulla, non riuscendo nemmeno a superare i quarti di finale in una Coppa del Mondo. Coincidenze?

    Si ritirerà a quasi 42 anni e nel giorno della sua partita d’addio, in uno stadio Lenin tutto esaurito (103.000 spettatori con oltre 700.000 richieste di biglietti), la sua Dinamo Mosca affrontò le All Star mondiali. A rendere omaggio alla carriera del Ragno nero c’erano nientemeno che  Franz Beckenbauer, Sir Bobby Charlton, persino Pelé. Il suo amico Eusébio, anch’egli presente, lo definì «il più grande portiere della storia».

    Difficile dire se sia stato o no il più forte della storia, vista la grande differenza tra le varie epoche calcistiche, ma l’unico capace di trascinare dalla porta un’intera nazione sì. Per bravura, per carisma, per coraggio, è stato un vero e proprio simbolo nazionale.

    Questa è la romantica storia di Lev Ivanovic Yashin: colui che ha cambiato il ruolo di portiere, l’unico, a sessantaquattro anni dalla sua creazione, in grado di scrivere il proprio nome nell’immortale lista dei vincitori del Pallone d’Oro.