Jimmy Floyd Hasselbaink, l’ultimo grande 9 del Chelsea

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Dall’inizio del nuovo millennio fino ad arrivare ai giorni nostri c’è stato un fatto piuttosto curioso che ha caratterizzato la storia del Chelsea, ovvero la scarsità di rendimento di chiunque abbia indossato la maglia numero 9, di norma prerogativa dei grandi attaccanti.

Un problema per certi versi simile a quello che abbiamo visto in Italia al Milan dopo l’addio di Filippo Inzaghi, l’ultimo attaccante rossonero ad indossare quella maglia con enorme successo.

Al Chelsea questa “maledizione” sembra essere stata interrotta per la prima volta in questa stagione con l’avvento del giovane Tammy Abraham,  che fino al momento della sospensione del campionato aveva realizzato 13 reti ed è stato indubbiamente tra i più positivi della compagine allenata da Frankie Lampard.

Prima di lui grandissimi attaccanti di fama mondiale e con un pedigree di altissimo livello avevano deluso le aspettative, basti pensare a Crespo, Morata, Falcao o Higuain, anche se la lista sarebbe decisamente più lunga se li volessimo citare tutti.

Già, ma chi è stato l’ultimo calciatore ad avere successo con la numero 9 sulle spalle? Per scoprirlo bisogna andare indietro di 20 anni esatti, all’inizio del nuovo millennio, quando a Stamford Bridge è arrivato Jimmy Floyd Hasselbaink, il protagonista di questo nostro approfondimento.

Hasselbaink è nato il 27 Marzo 1972 a Paramaribo, nel Suriname, e fa parte di quella nutrita schiera di calciatori proveniente dal piccolo territorio dell’America Latina che fino al 1975 ha fatto parte del Regno dei Paesi Bassi. Una terra incredibilmente prolifica, soprattutto se rapportata alla superficie, in fatto di giocatori di talento, basti pensare che da lì provenivano calciatori del calibro di Gullit, Rijkaard, Kluiverd, Seedorf e Davids.

Come è accaduto a molti di loro anche Hasselbaink ha iniziato a giocare in Olanda, ingaggiato inizialmente in una squadra di nome Stormvogels Telstar e successivamente nel più conosciuto AZ Alkmaar. Nell’AZ resta per 3 anni senza impressionare particolarmente, tant’è che nel 1993 si ritrova svincolato ed è costretto ad aggregarsi ad una squadra di dilettanti.

Rimane fuori dal calcio professionistico per una stagione e mezzo, fino a quando non si accorge di lui lo Sporting Clube Campomaiorense, squadra portoghese di secondo piano. Arriva nel mercato invernale e in poco più di mezza stagione Hasselbaink realizza 12 reti, sufficienti ad attirare su di sé le attenzioni di alcuni tra i club portoghesi più prestigiosi. A spuntarla è il Boavista, squadra con cui si mette in evidenza sia in campionato che in Coppa Uefa. In 29 presenze complessive realizza 20 reti e dimostra di poter essere un attaccante su cui vale la pena scommettere, anche in campionati decisamente più competitivi di quello portoghese.

L’attaccante originario del Suriname è rapido e potente al tempo stesso, dispone di un tiro mortifero anche dalla lunga distanza e, pur essendo destro naturale, è in grado di colpire anche con il piede debole.

A scommettere su di lui è il Leeds, all’epoca in Premier League, che sborsa circa 2 milioni di sterline per portarlo in Inghilterra. L’approccio con il ritmo del calcio inglese non è dei più semplici ma Hasselbaink è uno a cui non dispiace affatto lottare per la conquista di ogni pallone e ben presto si adatta al nuovo contesto. Nella prima stagione a Elland Road segna 26 reti tra tutte le competizioni mentre in quella successiva si ferma a 21, 18 delle quali in Premier League, che gli valgono anche il titolo di capocannoniere. Il Leeds, sospinto dalle sue reti, arriva al quarto posto in campionato, un risultato a dir poco sensazionale.

Dopo due stagioni, complici alcuni problemi in fase di trattativa per il rinnovo del contratto, Hasselbaink lascia l’Inghilterra e vola in Spagna per giocare con l’Atletico Madrid, allenato da Claudio Ranieri.

Nella Liga l’attaccante olandese non solo si conferma, ma dimostra di continuare nel suo processo di crescita imponendosi definitivamente come uno degli attaccanti più interessanti in circolazione.

Tra i 24 gol realizzati in stagione sono certamente da ricordare i due messi a segno contro il Real Madrid alla decima giornata, che hanno consentito ai Colchoneros di tornare a vincere un derby cittadino a distanza di 9 anni dall’ultima volta.

Il tarlo della Premier League, dopo l’esperienza al Leeds, continua però a farsi strada nella sua testa e alla prima occasione utile decide di tornare in Inghilterra.

Questa volta è il Chelsea a farsi avanti con 15 milioni di sterline, offerta che non può essere rifiutata. I Blues sono guidati da Gianluca Vialli ed il reparto offensivo è completato da Gianfranco Zola, Eidur Gudjohnsen e dal gigante norvegese Tore André Flo.

L’avventura di Vialli giunge presto al capolinea e sulla panchina del Chelsea torna a sedersi Claudio Ranieri, che già conosce bene Hasselbaink per averlo allenato a Madrid. La stagione dell’attaccante, che inizia in sordina, prosegue in un crescendo rossiniano e termina con 26 reti complessive e la conquista del secondo titolo di capocannoniere, dopo quello ottenuto nel Leeds.

Tra questi gol c’è anche quello che forse è diventato il più celebre messo a segno dall’attaccante: è il 23 settembre 2000 e ad Old Trafford si sfidano Manchester United e Chelsea, in una partita che terminerà con un pareggio pirotecnico con 3 reti per parte. Ad aprire le marcature, dopo 8 minuti, è un gol capolavoro di Jimmy Floyd Hasselbaink, che dopo aver controllato di petto un invito di Tore André Flo scaraventa all’incrocio un bolide imparabile. Più che una rete è una sorta di manifesto programmatico o, se preferite, un’istantanea di tutte le abilità condensate in un gesto sublime. 

Nei suoi quattro anni di permanenza a Londra segna con grande continuità, in particolare nelle prime due stagioni, e la coppia formata con l’islandese Eidur Gudjhonsen diventa quasi istantaneamente mitologica.

I due sembrano fatti l’uno per l’altro, perfettamente complementari sia per caratteristiche tecniche che per intesa in campo.

Degna di nota anche la tripletta rifilata al Tottenham nel 2002, tre reti che dimostrano quanto fosse completo il repertorio dell’attaccante. Il primo gol arriva con il piede naturale, un destro potente e preciso che si infila all’angolino; il secondo lo mette a segno di testa mentre il terzo è nuovamente una prodezza balistica eccezionale, ancor più incredibile se si pensa che è compiuta con il piede teoricamente debole.

Dopo l’esperienza con i Blues è nuovamente protagonista di due buone annate con la maglia del Middlesbrough, dove in attacco fa spesso coppia con Mark Viduka, leggendario attaccante australiano che mentre Hasselbaink era al Chelsea crivellava le reti della Premier League con la maglia del Leeds United.

Le ultime due stagioni di Hasselbaink, tra Charlton e Cardiff City, sono un po’ sottotono complice anche l’età avanzata e una forma fisica non più impeccabile, ma nulla tolgono all’enorme valore di un attaccante che per anni è stato tra i più temibili d’Europa.

Con 127 reti tra Leeds, Chelsea, Middlesbrough e Charlton si posiziona al quarto posto tra i cannonieri stranieri più prolifici della storia della Premier League, un traguardo che meglio di qualsiasi altro fotografa il valore assoluto del giocatore.