Oliver Bierhoff aveva una scarpa in testa

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    Un centravanti vecchio stampo, un terminale offensivo difficile da scardinare, incubo dei difensori, soprattutto quando colpiva a “gravità zero”.

    È stato da molti additato come un giocatore con poca tecnica, poco utile alla coralità del gioco e capace di segnare quasi sempre solo con la testa.

    Niente di sbagliato, se non che lui con la testa non era semplicemente bravo, ma un’autentica sentenza.

    La sua storia inizia in Germania, dove tra Bayer Uerdingen, Amburgo e Borussia Moenchengladbach colleziona 65 presenze e 10 gol in Bundesliga. Non proprio un ruolino di marcia da bomber, tanto che Oliver cerca fortuna nella vicina Austria.

    E mai scelta fu più azzeccata.

    Al Casino Salisburgo segna la bellezza di 25 gol tra campionato e coppa nazionale, uno score che gli permette di venire notato dall’Inter del Presidente Pellegrini, che lo gira però in prestito all’Ascoli del presidentissimo Costantino Rozzi, club neopromosso nella serie A italiana. L’approccio però è di quelli disastrosi tanto che lo spilungone tedesco viene spesso fischiato dai propri tifosi, mentre la squadra non riesce a salvare la categoria. Il suo bottino stagionale per di più è una vera miseria: appena 2 reti in 17 presenze.

    «Quando arrivavo al campo di allenamento i tifosi mi fischiavano dal primo all’ultimo minuto, ho pensato davvero che fosse finita…».

    Poi però, scaricato definitivamente dai nerazzurri, il centravanti tedesco decide di ripartire proprio da Ascoli e dalla serie B, vuole a tutti i costi far cambiare idea a quei tifosi bianconeri che tanto lo avevano criticato nella precedente stagione.

    E ci riesce, giocando un ottimo campionato e segnando ben 20 gol, che gli valgono il primo posto nella classifica marcatori (davanti ad Antonio De Vitis del Piacenza e ad Andrea Tentoni della Cremonese), ma che non permetteranno al club marchigiano di risalire in serie A.

    Rimarrà ad Ascoli Piceno altre due stagioni, segnando altre 26 reti ma che non bastano per riportare il club nella massima serie.

    Oliver Bierhoff capisce che il suo tempo nelle Marche è ormai terminato e accetta l’offerta dell’Udinese del patron Pozzo, che per portarlo in Friuli spende 2,5 miliardi di lire: è l’inizio dell’ascesa.

    Ad Udine trova l’ambiente giusto e un allenatore, Alberto Zaccheroni, che da lì a pochi anni farà le sue fortune: 17 gol il primo anno, 13 il secondo e ben 27 il terzo anno, bottino che gli permetterà di vincere addirittura la classifica marcatori, davanti a mostri sacri come Ronaldo il fenomeno (25 gol), Roberto Baggio (22), Gabriel Omar Batistuta (21) e Alessandro Del Piero (21).

    Bierhoff è il terminale perfetto di un 3-4-3 ultra offensivo, che ha come esterni d’attacco giocatori come Paolo Poggi e il brasiliano Marcio Amoroso, che sfruttano al meglio le sue qualità. La stagione terminerà con un clamoroso terzo posto per l’Udinese, che si classificherà dietro solo a Juventus e Inter, qualificandosi di conseguenza alla Coppa UEFA.

    Lo vogliono tutti, ma a spuntarla è il Milan del presidente Silvio Berlusconi, che ha deciso di puntare proprio sull’allenatore capace di valorizzare negli anni il numero 9 tedesco, Alberto Zaccheroni.

    Il centravanti di Karlsruhe viene pagato dal diavolo la bellezza di 20 miliardi di lire, cifra che sarà però ripagata a suon di gol: le sue reti saranno decisive per raggiungere un insperato quanto incredibile scudetto, vinto in rimonta sulla Lazio.

    Alla fine della stagione saranno 19 le reti di Bierhoff (più due realizzate in Coppa Italia), 15 realizzate proprio con quel fondamentale tanto caro: il colpo di testa. Un record ad oggi ancora imbattuto nel nostro campionato.

    Sì perché Bierhoff sembrava avere una scarpa in testa per quanto colpiva forte: saranno più di quaranta i gol segnati di testa tra club e nazionale, una statistica impressionante. Capacità che sfrutterà anche in nazionale (è ancora il decimo marcatore della storia della Germania con 37 gol in 70 presenze), dove si toglierà lo sfizio di vincere anche il campionato europeo 1996, risultando decisivo da subentrante con una doppietta in finale contro la forte Repubblica Ceca di Nedved e Poborsky.

    Uno lo segnerà con la complicità del portiere avversario Petr Kouba, che è poi valso il Golden gol e quindi la vittoria.

    L’altro? Che domande…