Fatih Terim, l’Imperatore

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Sono pochi gli allenatori che possono vantare uno stadio a loro intitolato quando sono ancora in vita: c’è ad esempio Marcelo Bielsa, il “Loco”, a cui è stato intitolato l’impianto del Newell’s Old Boys, squadra argentina che il tecnico ha onorato prima da calciatore e successivamente, in maniera ancora superiore, da tecnico. E poi c’è il protagonista di questa storia, Fatih Terim.

Qui la vicenda è, se vogliamo, ancora più particolare, perché quando uno pensa a Fatih Terim la sua mente va immediatamente al Galatasaray, la squadra che più di ogni altra ha legato il proprio nome in maniera indissolubile a quello dell’allenatore.

Eppure, se andiamo a vedere, lo stadio che porta il suo nome non è quello del Galatasaray, dedicato al primo presidente storico della società, bensì quello dell’Istanbul Basaksehir, che del Galatasaray è stato un rivale agguerrito negli ultimi anni.

Per spiegare questa particolarità, oltre al rapporto che lega Terim ed il presidente Erdogan, da sempre vicino al Basaksehir, occorre capire la grandezza del personaggio, che non a caso in patria viene soprannominato l’Imperatore.

Fatih Terim ha iniziato la carriera nel mondo del calcio da giocatore, prima tra le fila dell’Adama Demirspor e successivamente nel Galatasaray.

È qui, nel lontano 1974, che Terim inizia il suo sodalizio con la squadra giallorossa che durerà, a periodi alterni e con qualche pausa, per tutta la vita.

Da giocatore non se la cava affatto male, inizia da attaccante ma ben presto arretra il proprio raggio d’azione fino a diventare difensore, mantenendo una buona propensione al gol nel corso degli anni e riuscendo a conquistare la maglia della Nazionale, di cui indossa la fascia da capitano in 35 occasioni.

Pochi anni dopo il ritiro da calciatore inizia il suo percorso da allenatore, precisamente nel 1987 quando viene ingaggiato prima dall’Ankaragücü e, due anni più tardi, dal Göztepe.

La svolta, però, arriva nel 1990 quando viene chiamato ad occupare il ruolo di vice-allenatore della Nazionale turca e quello di capo allenatore della selezione under 21.

Dopo 3 anni di apprendistato è già pronto per guidare la Nazionale maggiore, che porta subito ad un traguardo storico, ovvero la qualificazione alla fase finale dell’Europeo del 1996. È la prima volta nella propria storia che la Turchia ottiene questo traguardo e poco importa, come avrà modo di dire in seguito l’allenatore, che la squadra perda tutte e tre le partite della fase finale, era necessario prima di tutto un cambio di mentalità rispetto al passato.

Dopo l’esperienza alla guida della Nazionale è il turno del Galatasaray. Turchia e Galatasaray, i due amori dirompenti che si alternano a più riprese, come moglie e amante, nella vita dell’Imperatore. Ci sarà anche la breve esperienza italiana, ma a quella arriveremo tra poco.

Con il club di Istanbul in 4 anni, dal ’96 al 2000, vince altrettanti campionati ma forse l’impresa storica, quella che gli ha permesso di conseguire la gloria eterna della sua gente e dell’intero paese, è il successo in Coppa Uefa nella stagione ’99-2000. 

La vittoria in finale contro l’Arsenal di Arsene Wenger, dopo i calci di rigore, è il primo storico trofeo europeo sollevato da un club turco. Di quella squadra facevano parte Taffarel, Korkmaz, Popescu, Gheorghe Hagi, Okan Buruk, Hakan Sukur oltre a tanti altri, che riescono ad aver la meglio di un Arsenal stellare, la cui coppia di attacco in finale è composta da Henry e Bergkamp, solo per darvi un’idea.

Oltre ai 4 campionati e alla Coppa Uefa in questi quattro anni Terim vince anche due Coppe di Turchia e altrettante Supercoppe nazionali.

I tempi sembrano maturi per un’esperienza fuori dai confini nazionali, per mettersi alla prova in uno dei campionati più competitivi in Europa, cosa che in effetti accade.

È il 2000 quando l’Imperatore approda in Italia, alla Fiorentina. Un incarico difficile, rischioso, con alta probabilità di fallimento perché la Fiorentina non è in uno dei suoi periodi più floridi. Ha appena venduto Gabriel Batistuta e anche Rui Costa sembra sul punto di prendere altre strade, con la piazza apertamente critica nei confronti dell’operato del presidente Cecchi Gori.

L’Imperatore però sembra non temere la sfida e ha le idee piuttosto chiare: gioca chi merita a prescindere dai nomi e dall’età.

«La maglia va a chi la merita, qualunque età abbia. Chi lo merita, gioca, perché il mio principio guida è uno: si chiama giustizia». – Fatih Terim

Come prevedibile l’approccio con un altro tipo di calcio non è semplice ma i suoi principi di gioco si vedono fin dalle prime battute. Terim vuole giocare all’attacco, con un pressing molto alto e organizzato anche se ciò comporta inevitabilmente alcuni rischi che la squadra è disposta a prendersi, pagandoli talvolta a caro prezzo. La viola viene eliminata subito dalla Coppa Uefa ma, partita dopo partita, inizia ad ingranare in campionato e Coppa Italia.

La rimonta contro la Reggina, ad ottobre, è un episodio fondamentale che cementa il rapporto tra l’Imperatore ed in tifosi, che dopo il gol decisivo si vedono arrivare il tecnico sotto la curva in preda ad un’euforia incontrollata. Impossibile non citare anche i quattro gol rifilati al Milan nel gennaio del 2001 ma qualcosa nel suo rapporto con la dirigenza si è già incrinato. Passa infatti poco tempo e Terim annuncia le sue dimissioni, portando avanti nel frattempo le trattative per diventare allenatore del Milan.

Subentra a Zaccheroni nella stagione successiva, per guidare un Milan estremamente ambizioso che in estate ha puntato sugli acquisti, tra gli altri, di Inzaghi, Rui Costa e Pirlo.

L’avventura milanese però dura meno di quella toscana in quanto Terim viene sollevato dall’incarico già a novembre, dopo una serie di risultati altalenanti che convincono la dirigenza ad affidarsi a Carlo Ancelotti.

Dovessimo giudicare l’Imperatore per quanto fatto in Italia, molto probabilmente, dovremmo considerarlo come una meteora o poco più, incapace di lasciare un segno tangibile del proprio passaggio, anche se molti tifosi della Fiorentina sono rimasti legati al suo ricordo, anche a distanza di tanti anni.

Il ritorno in Turchia lo vede nuovamente fare la spola tra Galatasaray e Nazionale. Il risultato più prestigioso di questa seconda parte di carriera è indubbiamente quello ottenuto alla guida della Turchia durante l’Europeo di Austria e Svizzera nel 2008.

L’Imperatore riesce a guidare la squadra fino ad un sorprendente terzo posto, costretto ad arrendersi solo in semifinale contro la Germania, vittoriosa per 3-2 grazie ad una rete di Lahm nei minuti di recupero.

Con il club di Istanbul vince nuovamente diversi campionati, Supercoppe e Coppe nazionali ma il suo prestigio e la sua fama vanno ben oltre i risultati raggiunti.

Fatih Terim è stato prima di tutto l’uomo in grado di cambiare la mentalità calcistica di un intero paese che in lui ha visto un trascinatore carismatico, un leader nato capace di portare avanti le proprie idee. Un Imperatore.