Argentina-Inghilterra ’86: più di una semplice partita di pallone

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    Quando tutti pensano al Mondiale in Messico dell’86 le prime due cose che balzano alla mente sono: “La mano de Dios” ed il “Gol del siglo”, ovvero le due giocate decisive con cui Diego Armando Maradona ha deciso la sfida contro l’Inghilterra.

    Poco importa che il match in questione fosse un quarto di finale e non la finalissima: la sfida Argentina-Inghilterra, già alla vigilia, aveva tutti i presupposti  per essere un duello epico, tra i più attesi, per via della rivalità che si respirava tra le due compagini, non solo sportivamente parlando.

    Solo quattro anni prima, infatti, i due paesi si erano scontrati su un altro terreno di battaglia, in un arcipelago sperduto nell’Oceano Atlantico Sud-Occidentale al largo della costa argentina, laddove si trovano le isole Falkland o, se preferite l’idioma ispanico, las Malvinas.

    Per noi chiamarle in un modo o nell’altro fa poca differenza, ma ben diversa è la storia se sottoponete la questione ad un inglese o un argentino, in quanto i due paesi si sono scontrati per il controllo di queste isole dall’apparenza così innocua ma del tutto strategiche geopoliticamente parlando.

    Ad avere la meglio dal punto di vista bellico fu il Regno Unito e tuttora l’arcipelago è sotto giurisdizione inglese, ma gli argentini anche dopo la guerra hanno sempre fatto fatica a non considerarlo di proprio dominio.

    Immaginate dopo soli quattro anni dal conflitto quanto doveva essere ancora viva la ferita e quanto questa possa aver influito sui rapporti di qualunque tipo tra i due paesi, anche a livello calcistico.

    Il percorso di avvicinamento alla sfida per quel che riguarda l’Argentina prende avvio dal gruppo A, dove gli uomini di Bilardo si trovano a dover affrontare l’Italia, la Bulgaria e la Corea del Sud. I Sudamericani passano come primi del girone dopo aver vinto contro Corea e Bulgaria e aver pareggiato contro l’Italia.

    L’Inghilterra, dal canto suo, è nel gruppo F insieme a Polonia, Portogallo e Marocco. L’avvio degli inglesi è disastroso, con la sconfitta nella partita d’esordio contro i lusitani ed il successivo pareggio contro il Marocco; all’ultima giornata la tripletta di Lineker piega i polacchi e permette ai suoi di proseguire il cammino, dove l’ostacolo successivo è rappresentato dal Paraguay.

    La solita doppietta di Lineker ed il gol di Beardsley schiantano l’avversario e la Nazionale dei tre leoni approda ai quarti di finale.

    L’Argentina, nel suo ottavo di finale, supera a fatica un altro rivale storico, l’Uruguay, grazie alla rete di Pasculli, all’epoca bomber del Lecce, e finalmente si arriva al match tanto atteso, la cui cornice non poteva che essere l’Estadio Azteca di Città del Messico, uno dei più affascinanti del mondo.

    L’Argentina guidata in panchina da Bilardo si schiera con Pumpido tra i pali, in difesa ci sono Ruggeri, Brown e Cuciuffo, in mezzo al campo giostrano Giusti, Batista, Enrique e Olarticoechea mentre dietro l’unica punta che è Valdano hanno massima libertà di azione Burruchaga e Maradona, l’unico vero fuoriclasse della squadra.

    Risponde l’Inghilterra allenata da Sir Bobby Robson che schiera Shilton tra i pali, Sansom, Butcher, Fenwick e Steven nelle retrovie, Hodge, Reid, Hoddle e Steven in mezzo al campo e la coppia Lineker-Beardsley davanti alla porta.

    Il primo tempo di Argentina-Inghilterra è teso ed equilibrato, “El Pibe de Oro” dimostra di essere in forma con un paio di punizioni pericolose che spaventano Shilton ma il punteggio non si sblocca.

    Per vedere il primo gol bisogna attendere il minuto 51, quando Maradona dopo aver creato scompiglio nella difesa avversaria prova a chiudere un triangolo con Valdano, il quale però viene anticipato in maniera piuttosto goffa da un difensore avversario; la palla si impenna a metà strada tra Shilton in uscita e Maradona, che nel frattempo si è avventato verso la porta per chiudere lo scambio con il partner d’attacco. Diego sa che non può anticipare Shilton, per una questione fisica di stazza e perché in leggero ritardo, allora in un gesto di istinto allunga il suo pugno e beffa l’estremo difensore depositando il pallone in rete. Il gesto si compie in maniera naturale, spontanea, ed è talmente credibile che il fallo di mano viene notato solo dai giocatori nelle immediate vicinanze, non dall’arbitro che convalida la rete. Per tutti gli altri servirà il replay che, implacabile, inchioda il fuoriclasse del Napoli alle proprie responsabilità. Quella mano, usata a mo’ di propaggine della testa, è semplicemente “La mano de Dios”.

    Passano appena quattro minuti e l’Argentina raddoppia, questa volta in maniera del tutto regolare, con un vero e proprio capolavoro dell’extraterrestre con la 10 sulle spalle. Maradona riceve palla nella propria metà campo e inizia il suo balletto tra i difensori inglesi che lo porterà, dopo aver percorso 60 metri in 10 secondi, a depositare dolcemente il pallone in rete. Salta in successione Hoddle, Reid, Sansom, Butcher, Fenwick e per ultimo Shilton: è il Gol del Secolo, impreziosito dalla fantastica voce di Victor Hugo Morales che racconta la prodezza come nessun altro sarebbe in grado di fare in presa diretta.

    “De que planeta viniste?” è la domanda che si pone Victor Hugo Morales al termine della splendida cavalcata, leggendo nel pensiero di ogni appassionato di pallone che sta esattamente pensando che quel gol è qualcosa di mai visto prima, una rete incredibile che solo un genio del pallone può concepire e realizzare.

    Lineker accorcia le distanze con un colpo di testa a 10 minuti dalla fine ma ormai è troppo tardi, l’Argentina vince la sfida e prosegue nel suo cammino che la porterà a sollevare per la seconda volta nella sua storia la Coppa del Mondo.

    Una cavalcata incredibile che ha avuto il suo apice nell’indimenticabile sfida contro l’Inghilterra, decisa da due gol dalla portata altrettanto storica, seppur per motivi differenti, che ogni passionato di pallone non può non aver visto centinaia di volte, fissandoli in maniera indelebile nella propria memoria calcistica.