Diego Pablo Simeone: il condottiero dell’Atletico Madrid

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Il passaggio dal campo alla panchina, per qualcuno, è semplicemente un’evoluzione scontata del percorso calcistico subito dopo aver appeso gli scarpini al chiodo;  lo è stato, ad esempio, per Diego Pablo Simeone che da calciatore era un ottimo centrocampista, ammirato a più riprese anche in Italia con le maglie di Pisa, Inter e Lazio.

Il Cholo, così come veniva soprannominato, era uno di quelli che in campo non mollavano di un centimetro, la cui grinta era rinomata ed il cui cuore e attributi facevano provincia. Ridurre però il Simeone giocatore ad un concentrato di sostanza, ad onor del vero, è quanto mai ingeneroso in quanto sul terreno di gioco la sua presenza era fondamentale, tanto in fase difensiva quanto in quella offensiva. In poche parole: era il primo della sua squadra a recuperare il pallone ed era anche il primo a gettarsi a capofitto nell’area avversaria quando si trattava di concludere l’azione. Proverbiali, in tal senso, i suoi inserimenti mortiferi che gli sono valsi molti dei gol realizzati in carriera.

Oggi però vogliamo concentrarci sulla carriera del Cholo come allenatore, iniziata subito dopo il ritiro da calciatore nell’anno 2006. L’ultima annata con gli scarpini ai piedi è stata quella al Racing, in patria, ed è nella stessa squadra che inizia ad allenare, scegliendo come vice allenatori Almeyda e Vivas, due calciatori argentini che proprio come lui hanno vestito, tra le altre, la maglia dell’Inter.

Dopo il Racing è il turno dell’Estudiantes dove la stagione è di quelle roboanti, infatti il Cholo conduce la squadra alla conquista del campionato di Apertura a distanza di 23 anni dall’ultima volta, un traguardo che impone immediatamente l’allenatore all’attenzione internazionale.

Nonostante il successo, nel Dicembre del 2007 lascia la squadra per accasarsi al River Plate, dove subito arriva un altro traguardo prestigioso: la vittoria del torneo di Clausura. L’annata successiva però non riesce a confermarsi e dopo un avvio di stagione stentato rassegna le dimissioni.

A farsi avanti è un’altra big del calcio argentino, il San Lorenzo de Almagro, società dove rimane un anno prima dimettersi nuovamente.

Le due esperienze negative recenti fanno sì che non arrivi subito un nuovo incarico; Simeone deve attendere fino a Gennaio 2011 per avere una nuova squadra. Un po’ a sorpresa torna in Italia per allenare il Catania, allora in serie A e con una nutritissima colonia di calciatori argentini, che ha appena silurato il vecchio allenatore Marco Giampaolo.

In rosa ci sono, tra gli altri, Nicolas Spolli, Matias Silvestre, Ciccio Lodi, Gonzalo Bergessio, Maxi Lopez ed il Papu Gomez, con quest’ultimo che nei giorni in cui scriviamo sta ancora incantando in Italia seppur con un’altra casacca.

La colonia argentina, come detto, è nutritissima e può contare su 12 elementi, quasi tutti titolari o comunque molto importanti nell’economia della squadra.

L’esordio in Sicilia non è dei più positivi, arrivano due sconfitte nelle prime due partite allenate, ma ben presto la squadra si riprende e si stabilisce un legame fortissimo tra squadra e allenatore. La seconda parte di campionato del Catania è ottima e la squadra non solo centra la salvezza ma chiude al tredicesimo posto in classifica con il record di punti in serie A.

È proprio a Catania che abbiamo iniziato ad apprezzare i tratti distintivi del calcio voluto da Diego Simeone, che è un po’ lo specchio del suo modo di vivere il pallone quando ancora calcava i prati verdi: predilezione ossessiva per il recupero veloce della sfera e volontà di far male subito all’avversario, senza troppi orpelli. Un sistema che, come vedremo, raggiungerà il suo massimo compimento negli anni successivi alla guida dell’Atletico Madrid.

Prima di arrivare in Spagna però Simeone fa ancora un breve passaggio in patria, chiamato nuovamente dal Racing che guida fino al secondo posto nel campionato di Apertura, dietro solo al Boca Juniors.

A fine stagione decide di andarsene e approda in Spagna per guidare i Colchoneros. L’Atletico Madrid, che si può certamente considerare una squadra storica del campionato spagnolo, non sta vivendo i suoi anni migliori quando sbarca il Cholo, che già aveva indossato quei colori da calciatore.

A Madrid Simeone trova subito l’ambiente ideale per iniziare un ciclo che dura tuttora e porta la squadra ad essere costantemente tra le protagoniste assolute a livello nazionale ed europeo.

Il primo anno vince subito la Coppa Uefa, trascinato dai gol di un attaccante formidabile che risponde al nome di Radamel Falcao, mentre nella seconda stagione solleva Supercoppa Uefa e Coppa del Re, quest’ultima ai danni degli arci rivali del Real Madrid.

Sono questi gli anni in cui si inizia a parlare di “Cholismo”, che qualcuno usa in termini dispregiativi a sottolineare una forma un po’ più evoluta del catenaccio di italiana memoria, mentre altri in termini identitari, per esaltare una squadra che in campo è costruita ad immagine e somiglianza del suo condottiero in panchina.

La massima espressione di questo sistema, con tutta probabilità, si ha nel terzo anno quando il Cholo trionfa in Liga e arriva in finale di Champions League. A trascinare la squadra non c’è più Falcao bensì un attaccante altrettanto mortifero e forse ancor più adatto al modo di interpretare la gara voluto da Simeone. Stiamo parlando di Diego Costa, vero e proprio braccio armato in campo del Cholo, giocatore in grado di segnare tantissimo e aiutare i compagni in fase di non possesso.

La finale di Champions, come molti di voi ricorderanno, è sfortunatissima per l’Atletico Madrid che, in vantaggio fino alla fine, viene prima raggiunto da un colpo di testa di Sergio Ramos e poi finito nei tempi supplementari, dove il contraccolpo psicologico del gol subito al termine dei regolamentari si è fatto sentire come un macigno.

L’annata successiva è interlocutoria ma già nella stagione 2015-2016 i Colchoneros tornano più agguerriti che mai, sia sul fronte nazionale che su quello europeo. In Liga la squadra di Simeone, dopo aver battagliato fino alla fine con Barça e Real, chiude al terzo posto mentre in Champions League approda nuovamente in finale. Gli avversari, ironia della sorte, sono ancora i rivali cittadini del Real Madrid che appena due anni prima avevano inflitto ai biancorossi un’enorme  delusione.

Simeone cerca di far leva sulla sete di rivincita, sulla possibilità di conquistare un trofeo storico per un club che non partiva certo con i favori del pronostico ma che ormai si stava confermando stabilmente nell’elite del calcio europeo. Anche questa volta però, come era successo due anni prima, le cose vanno male e a sollevare la coppa dalle grandi orecchie sono di nuovo i Blancos, al termine della lotteria dei calci di rigore.

Nonostante qualche voce lo indichi come partente da Madrid il Cholo rimane, mantiene l’ossatura della squadra e cerca di ricostruire un nuovo nucleo vincente. Nella stagione 2016-2017 non arrivano trofei ma l’attesa dura appena un anno perché il 16 Maggio 2018 arriva il secondo trionfo in Europa League, seguito dal successo in Supercoppa Uefa ai danni del Real,  che lo consacra anche come l’allenatore più vincente nella storia dei Colchoneros.

Siamo praticamente ai giorni nostri, un periodo che si può considerare interlocutorio per l’allenatore argentino, che in questa stagione non è mai stato competitivo realmente in campionato ma è ancora in corsa per la Champions League, con un tabellone piuttosto favorevole.

Ormai però il rapporto tra il Cholo e l’Atletico sembra cementato e va ben oltre il risultato: è una questione di appartenenza, tanto che oggi sembra difficile pensare che le strade si separino, almeno a breve.

Diego Pablo Simeone è riuscito a dare un’impronta e una mentalità vincente alla squadra, plasmandola a sua immagine e somiglianza e riuscendo, anno dopo anno, a mantenere un livello di competitività altissimo pur perdendo per strada alcuni tra i pezzi migliori.

D’altra parte la sua vera abilità o, se preferite, il suo vero segreto è stato quello di riuscire sempre ad esaltare la forza del gruppo, il cui valore si è spesso dimostrato superiore alla somma dei singoli calciatori.

Quando si parla di grandissimi allenatori forse si tende a snobbare un po’ il suo nome ma i risultati ottenuti, spesso partendo senza i favori del pronostico, parlano decisamente per lui e ci dicono che Diego Pablo Simeone, in arte el Cholo, è ormai da qualche anno un top della panchina, senza dubbio alcuno.