Sono già passati quasi 22 anni da quel 6 Maggio 1998, giorno in cui è andata in scena Lazio-Inter per la finale di Coppa Uefa.
Una partita storica per diversi motivi: intanto, come ben sappiamo, la Coppa Uefa non esiste più, soppiantata dall’Europa League, in secondo luogo è stata la prima volta in cui la finale di Coppa Uefa si è disputata in gara secca, senza andata e ritorno, e per finire forse l’elemento più affascinante in assoluto, ovvero il fatto che a contendersi il trofeo ci fossero due squadre italiane.
Aggiungiamoci il fatto che in quel periodo il calcio italiano era all’apice del proprio livello e popolarità e qualunque campione volesse veramente definirsi tale doveva avere l’ambizione di misurarsi con il nostro campionato.
L’Inter di Gigi Simoni arriva all’appuntamento dopo la delusione dell’anno precedente, quando sempre in finale fu costretta ad arrendersi, dopo i calci di rigore, allo Schalke 04. Nel proprio percorso di avvicinamento alla finale parigina i nerazzurri si sbarazzano del Neuchatel, del Lione e dello Strasburgo, prima di affrontare nuovamente i tedeschi dello Schalke 04, in una rivincita della finale della passata edizione. Questa volta sono i quarti di finale ma la partita è nuovamente al cardiopalmo: l’Inter si impone per 1-0 all’andata e i tedeschi rispondono con il medesimo punteggio a Gelsenkirchen. Sono necessari i tempi supplementari e per l’Inter l’uomo della provvidenza si chiama Taribo West, uno che non a caso dopo il ritiro diverrà pastore pentecostale. Il suo colpo di testa spedisce l’Inter in semifinale, vendicando contemporaneamente l’onta dell’anno precedente.
Lo Spartak Mosca viene battuto piuttosto agevolmente, 2-1 per i nerazzurri sia all’andata che al ritorno, e la finale conquistata.
La Lazio di Sven-Goran Eriksson, dal canto suo, ha un cammino più lineare: elimina il Vitoria Guimarães, il Rotor Volgograd, il Rapid Vienna, l’Auxerre e, per approdare in finale, l’Atletico di Madrid.
Al Parco dei Principi l’allenatore svedese schiera un 4-4-2 composto da Marchegiani, Grandoni, Nesta, Negro, Favalli, Fuser, Venturin, Jugovic, Nedved, Casiraghi e Mancini a cui risponde Gigi Simoni, che deve fare a meno di Beppe Bergomi, con i seguenti 11: Pagliuca, Fresi, West, Zanetti, Colonnese, Simeone, Ze Elias, Winter, Djorkaeff, Zamorano e Ronaldo.
L’Inter inizia subito bene la partita e si porta in vantaggio già dopo 5 minuti, quando il Cholo Simeone lancia Zamorano che fa secco Marchegiani con un preciso esterno all’angolino. La Lazio prova a reagire ma è l’Inter che sfiora il raddoppio con la traversa colpita dal Fenomeno con una botta da fuori area. È solo il preludio del secondo gol nerazzurro, che arriva al 60’ grazie a Javier Zanetti, in una delle sue rarissime reti realizzate in carriera, indubbiamente anche una delle più belle.
Dieci minuti più tardi arriva anche il terzo sigillo dell’Inter, e non poteva che essere Ronaldo a firmarlo. Il Fenomeno che scende in campo al Parco dei Principi è una delle versioni più belle e immarcabili che si siano mai viste, in grado di portare a spasso qualsiasi avversario gli si pari davanti, Nesta incluso.
Il gol è un suo marchio di fabbrica: controllo di palla perfetto, finte di corpo ubriacanti, movimento delle gambe imprevedibile e portiere messo a sedere come nulla fosse. Detto così sembra facile, e la naturalezza con cui il brasiliano esegue il gesto lo fa sembrare tale, ma la velocità di esecuzione di ogni singolo movimento è qualcosa di sovrannaturale.
“Mi ricordo il suo gol contro la Lazio, ha sfidato il portiere e l’ha messo per terra solo usando il corpo, prima ancora di toccare il pallone. E’ stato incredibile, se non fosse che eravamo abituati a vederglielo fare in ogni sessione di allenamento”
cit. YOURI DJORKAEFF
L’Inter si impone con un perentorio 3-0 e a fine partita c’è tempo anche per vedere un’espulsione per parte: Taribo West saluta anzitempo la combriccola nerazzurra, mentre Matyas Almeyda lo raggiunge qualche minuto più tardi.
L’arbitro Lopez Nieto decreta la fine e la squadra nerazzurra può alzare al cielo il primo trofeo dell’era Moratti. Una Coppa Uefa che rimarrà nella storia, quella conquistata al Parco dei Principi nella finale tutta italiana.