Osvaldo Bagnoli, il Mago della Bovisa

Osvaldo Bagnoli, il Mago della Bovisa

Uno dei modi migliori per entrare nella storia del calcio è quello di legare il proprio nome, in maniera indissolubile, a una grande impresa, una di quelle cose che succedono solo una volta nella vita.

Magari, una di quelle imprese che nessuno sa spiegare davvero per bene come è stato possibile che siano successe davvero.

Se poi quell’impresa racconta in tutto e per tutto il tuo modo di essere, il tuo carattere, la tua impronta, bé, puoi stare certo che il tuo nome sarà tramandato ai posteri calcistici, rimarrà eternamente nella galleria delle storie che vale la pena stare a sentire.

L’impresa in oggetto è lo scudetto della stagione 1984-85, il primo e fin qui unico della storia del Verona. E il protagonista di quella storia – oltre che di quella che state per leggere – è Osvaldo Bagnoli, l’uomo che quello scudetto lo ha fatto suo dalla panchina. Sì, perché lo scudetto del Verona porta impresso, indelebilmente, il marchio del suo condottiero.

Lo scudetto del Verona è la vittoria di quei valori che Bagnoli aveva elevato a suo credo, è la vittoria di un modo di intendere il calcio e soprattutto il mestiere dell’allenatore.

Osvaldo Bagnoli, il Mago della Bovisa

Osvaldo Bagnoli era stato un discreto calciatore, da ragazzo. Cresciuto nelle giovanili del Milan, oltre che con i rossoneri ha poi giocato con Verona, Udinese, Catanzaro, SPAL e Verbania. Mediano, all’occorrenza anche libero. Uomo di sostanza, insomma, come poi avrebbe dimostrato anche una volta passato dall’altra parte della barricata.

La carriera da allenatore di Bagnoli comincia nel 1973, quando si siede sulla panchina della Solbiatese, in Serie C, e dopo un breve passaggio a Como in Serie A terminata con la retrocessione, torna in B al Rimini. Nel 1978 è a Fano, addirittura in C2: insomma, Osvaldo Bagnoli ha conosciuto la gavetta, ha conosciuto i campi di provincia, e forse anche questo contribuisce a forgiare il suo carattere da allenatore, ad esercitare quell’umiltà e quella capacità di dialogare da pari a pari con i giocatori che lo caratterizzerà in futuro.

Dopo altri due anni in B, a Cesena, nel 1981 arriva la chiamata che gli cambierà la vita, e arriva da Verona. Gli scaligeri si affidano a lui per tornare in Serie A, e al primo tentativo riesce nell’impresa. Bagnoli, a Verona, costruisce una squadra prendendo giocatori che altrove non trovavano spazio, e la fa diventare la sua creatura, plasmandola a sua immagine e somiglianza.

L’escalation di risultati fa capire che quello che succederà non sarà un caso: quarto posto, sesto posto e poi, nella stagione 1984-85, quando arrivano due elementi fondamentali come Hans-Peter Briegel e Preben Elkjær Larsen, lo storico scudetto. Il Verona non vince per una fortunata combinazione di coincidenze, il Verona di Bagnoli rimane in testa al campionato praticamente dall’inizio alla fine. Lo scudetto, in fondo, sarà quasi tutto suo.

Bagnoli rimane a Verona, oggetto quasi di venerazione, fino al 1990, dopo qualche contrasto con la nuova dirigenza. Arriva al Genoa, dove ottiene subito un quarto posto in Serie A e, nella stagione 1991/92, sfiora l’impresa in Coppa UEFA, espugnando Anfield e arrendendosi solo all’Ajax in semifinale.

Nel 1992-93 arriva la chiamata dell’Inter, e ancora una volta la prima stagione di Bagnoli nella nuova squadra porta buoni risultati, con un onorevole secondo posto alle spalle del Milan. Nella stagione successiva, però, le cose si complicano, i nuovi acquisti non riescono a integrarsi, Bagnoli entra in contrasto con la dirigenza e finisce per essere esonerato a febbraio.

Quando termina il suo contratto con l’Inter, Osvaldo Bagnoli ha 59 anni. Da quel momento, non accetterà più nessuna offerta, e la sua carriera da allenatore finirà lì. La delusione per come erano andate le cose con i nerazzurri, la consapevolezza della difficoltà di essere se stessi in un mondo del calcio che stava diventando rapidamente qualcosa di diverso da quello in cui Bagnoli credeva.

Chissà. In ogni caso, la sua carriera da allenatore si chiude in quel momento, lasciando però ricordi indelebili e soprattutto quel successo storico a Verona. Perché, quando vinci con la forza delle tue idee, il sapore della vittoria è decisamente più intenso.