FA Cup 1988: l’impresa del Wimbledon

    FA Cup 1988: l'impresa del Wimbledon

    Tra tutte le competizioni calcistiche che si svolgono nel panorama mondiale, la FA Cup è indubbiamente una di quelle più affascinanti in assoluto. I motivi sono più di uno, a partire dalla formula che è del tutto democratica: non esistono teste di serie, la sfida si disputa in gara secca con la prima squadra sorteggiata che gioca in casa, a prescindere dalla categoria; se la sfida ai termini dei 90 regolamentari dovesse concludersi con un pareggio si va al cosiddetto replay, ovvero si rigioca la partita a campi invertiti. Purtroppo quest’ultima peculiarità è venuta meno solo di recente, dopo le note vicende legate alla pandemia ma ciò non ha minimamente intaccato il fascino del torneo.

    Non è un caso che in questa competizione ci siano un sacco di sorprese, ovvero squadre sulla carta considerate sfavorite che riescono a portare a casa scalpi importanti fino ad arrivare alle fasi finali della competizione e, in qualche occasione, addirittura a vincerla.

    È il caso, ad esempio, del Wimbledon, squadra che nel 1988 è riuscita a vincere il trofeo imponendosi addirittura sul Liverpool, club storico del calcio inglese che negli anni ’80 la faceva da padrone.

    L’affermazione del Wimbledon è uno dei pezzi di storia più incredibili della competizione, basti pensare che la squadra che si affaccia alla FA Cup è approdata nel calcio professionistico appena 11 anni prima e da sole due stagioni si trova nella massima serie del calcio inglese, che ancora non è conosciuta come Premier League bensì come First Division.

    Poi c’è tutto il contorno, che è ciò che rende questa storia davvero unica e per certi versi irripetibile.

    FA Cup 1988: l'impresa del Wimbledon

    Il Wimbledon è una vera squadra di reietti

    Gioca un calcio rude, sporco, di quelli che se vivi il calcio nella stessa maniera in cui lo vive un calciatore amatoriale è facile innamorarsi ma se sei invece un purista del pallone è un pugno forte nello stomaco, di quelli che fanno male.

    È conosciuta come la “Crazy Gang”, ovvero la banda di pazzi, perché per giocare un calcio del genere bisogna anche trovare le persone che lo sappiano fare nel modo giusto ed il Wimbledon, di questi ragazzacci, ne aveva a bizzeffe, a partire dall’icona della squadra: Vinnie Jones.

    Chi è appassionato di calcio e non è più giovanissimo saprà benissimo di chi stiamo parlando: centrocampista gallese dal temperamento decisamente bellicoso è considerato quasi unanimemente il giocatore più scorretto di tutti i tempi. I motivi li potete intuire da soli, vi basti sapere che vanta il primato dell’espulsione più veloce della storia del gioco, tre secondi netti, e ben dodici cartellini rossi in carriera. Meglio di lui, o forse peggio dipende dai punti di vista, ha fatto solo Roy Keane, un altro che la gamba non la tirava indietro neanche per sbaglio.

    L’appellativo con cui viene apostrofato Vinnie Jones, non a caso, è Psycho in quanto affrontarlo è esattamente come avere a che fare con un matto, non sai mai cosa potrebbe combinare e la maggior parte delle volte non sono cose buone se sei dalla parte opposta della barricata.

    La Crazy Gang però non è solo Vinnie Jones, ci sono altri elementi dal temperamento irascibile che si combinano alla perfezione con il folle centrocampista per creare un cocktail esplosivo. C’è John Fashanu, attaccante spigolosissimo che oltre a fare gol rifila mazzate a destra e a manca e c’è Dennis Wise, ovvero il giocatore più talentuoso in squadra, anche lui con un carattere decisamente poco raccomandabile che ha fatto esclamare ad Alex Ferguson la seguente affermazione: “Sarebbe capace di scatenare una rissa in una stanza vuota”.  Non a caso sulla sua testa pendono diversi capi di imputazione: risse con compagni di squadra, aggressioni ai danni di tassisti e via di questo passo.

    A completare la squadra una serie di mestieranti il cui unico scopo è quello di dare calci a qualsiasi cosa che si muova sul prato verde, non necessariamente il pallone.

    Capite bene che quasi chiunque, sulla carta, parta favorito contro una squadra del genere ma comprenderete altrettanto bene come nessuno voglia affrontarli, perché ciò equivale a finire la partita pieni di lividi, nel migliore dei casi.

    L’avvicinamento del Wimbledon alla finale di Wembley, sì non lo abbiamo specificato all’inizio ma un altro elemento che rende questa competizione così affascinante è che semifinali e la finale si disputano sempre nello storico stadio di Londra, ha visto Vinnie Jones e soci avere la meglio di West Bromwich Albion, Mansfield Town, Newcastle, Watford e Luton Town, sempre al termine di partite combattutissime e dallo scarto di reti ridotto, ad eccezione del primo turno.

    Parliamo un po’ anche dell’avversario della Crazy Gang, ovvero il Liverpool, anche se i Reds sono una squadra che ha bisogno di ben poche presentazioni. Come detto gli anni ’80 rappresentano una sorta di età dell’oro per il club di casa ad Anfield, basti pensare che nel decennio vincono ben 7 campionati inglesi e due Coppe dei Campioni, più tutta una serie di Coppe Nazionali che fanno esplodere la stanza dei trofei.

    La marcia di avvicinamento alla finale dei Reds inizia con un intoppo contro lo Stoke City, che costringe i ragazzi allenati da King Kenny Dalglish al replay, poi prosegue spedita e senza ostacoli passando sopra ad Aston Villa, Everton, Manchester City e Nottingham Forest.

    Dei 98.000 presenti a Wembley quel 14 Maggio 1988 ben pochi razionalmente danno qualche chance al Wimbledon, il cui gioco è sì ostico ma il valore sulla carta sembra nettamente inferiore e l’avversario molto più avvezzo ad appuntamenti di quel tipo.

    In ogni caso, pur alla loro seconda apparizione nel massimo campionato inglese, quelli del Wimbledon hanno chiuso il campionato al settimo posto dimostrando una buona organizzazione e smentendo quasi tutti i pronostici che li vedevano decisamente più in basso in classifica.

    La partita, come è logico aspettarsi, la fa il Liverpool anche perché la Crazy Gang non ha la minima intenzione di provare a costruire qualcosa di articolato, né probabilmente ha le capacità per farlo.

    Poco prima della fine del primo tempo, al minuto 37 per la precisione, a passare in vantaggio è però il Wimbledon con Lawrie Sanchez, abile a sfruttare di testa un cross perfetto di Dennis Wise e trafiggere Bruce Grobbelaar.

    È il copione perfetto per Vinnie Jones e gli altri scapestrati: passare in vantaggio ed erigere le barricate a suon di calcioni. Certo, c’è ancora tantissimo tempo da giocare e ci si aspetta che, prima o poi, il Wimbledon capitoli sotto gli attacchi incessanti. Il momento giusto per i Reds sembra arrivare all’ora di gioco, quando il direttore di gara concede un rigore per fallo di Goodyear sull’attaccante irlandese John Aldridge. Ad incaricarsi della battuta è lo stesso attaccante che però si fa parare la conclusione da Dave Beasant, che già aveva neutralizzato diverse conclusioni avversarie.

    La partita si trascina verso i minuti finali ed il risultato non cambia, Brian Hill emette il triplice fischio e consegna alla Crazy Gang la prima e unica FA Cup della loro storia.

    John Motson, storica voce della BBC che commenta quella partita, è incredulo come chiunque abbia assistito ai 90 minuti appena trascorsi e pronuncia una frase che rimarrà scolpita per sempre nella storia del calcio inglese: “The Crazy Gang have beaten the Culture Club”. La banda di pazzi ha sconfitto l’elite del calcio inglese.

    Quella del Wimbledon è una di quelle storie che hanno contribuito ad alimentare la leggenda della FA Cup: un’affermazione contro ogni pronostico, la dimostrazione che si può vincere anche di rabbia, orgoglio e determinazione pur avendo un briciolo della classe dell’avversario. Probabilmente aveva ragione Lineker nell’affermare che il modo migliore per guardare il Wimbledon è sul televideo ma nel calcio c’è una cosa che è costante da quando è nato il gioco e mai cambierà: lo scopo finale è vincere. Non c’è scritto da nessuna parte come e non esiste un modo giusto o sbagliato per farlo e questo i reietti della Crazy Gang lo sapevano meglio di chiunque altro.